Renzo Pi Hugarte
Professore Titolare di Antropologia
Santi popolari dell'Uruguay arrivati
dalla Lucania
Si conosce perfettamente - e da molto tempo - che
il culto a certi santi e vergini considerate particolarmente
miracolosi per quello che si orientano angosce al suo intervento
e le speranze di vivere, ha attecchito con tanta forza tra i
colonizzatori di Italia che conforma un definitorio elemento di
caratterizzazione dei suoi sistemi di credenze e valori.
Ma inoltre, il santo - o la vergine - di un posto concreto,
il patrono del posto e di chi di lì sono, costituisce un simbolo
di identificazione di quelle persone. E così succede tanto quando
svolgono la sua vita nell'ambito natale, come quando Lei
hanno visto obbligati a cercare sostentamento in altri paesi.
Nell'epoca in cui si slegarono i processi di emigrazione
massiccia, tanti e tanto italiani che consolidavano le catene
migratorie promettendo a parenti, amici e vicini che quello
nuovo ambiente assicurava raggiungere con accettabili facilità cose
che nel lontano villaggio si vedevano come impossibili, si portarono a
terre di oltremare come emblema che li distingueva, i suoi santi
e le sue vergini. Di tale maniera, con essi ubicati nel nuovo
insediamento, simbolicamente continuavano a rimanere nella casa
natale; era come se non si fossero allontanati mai da lui.
Ovviamente che questo passò quando i gruppi di emigranti poterono mantenersi
uniti, in una colonia nucleata. Allora diventò possibile continuare coltivando
il dialetto
ed i culinari locali e fino ad una certa endogamia. E, ovviamente, confidando
di maniera
inalterabile nella protezione del suo santo o la sua vergine. Poco importava
in tali casi se quello
santo o quella vergine ricevevano il riconoscimento ufficiale della Chiesa;
se questa si preoccupava per
designare un curato affinché si occupasse della parrocchia nuova, quella
che si alzerebbe sotto il
invocazione del santo o la vergine venuta del lontano paese italiano; se appoggiava
economica -
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menzioni la costruzione di quello nuovo tempio, o se si disinteressava del gruppo
di emigranti.
In generale, i santi arrivati con gli immigranti, per i primi tempi, no
contarono, come è facile immaginarlo, con edifici affezionati al suo
culto. La cosa corrente fu che
riposassero più o meno in un angolo della casa di qualche compaesano
sistemato, o che itineraran
tra i domicili di vari di quelli dello stesso paese.
Nei tempi in cui gli immigranti italiani arrivati ai paesi dell'Argento - e
la stessa cosa succedè in altre parti del mondo - poterono conservare
la condizione di membri
di collettività solide, definite per il posto di provenienza, risultò
inconcepibile
che alcuno venuto di quello paese, non fosse devoto del suo santo. Se così
succedè in
contate occasioni, per opera della decisione di qualche "anárquico”-più
per temperamento
che per ideologia - la conseguenza fu che lo stesso miscredente smetteva di
considerarsi
come appartenente non solo alla collettività dei fedeli, bensì
alla società di
i provenienti da quello paese di origine. Più avanti, quando la dinamica
dei
città nuove - sempre in crescita rapida; moltiplicando e complicando
permanentemente
i suoi emprendimientos economici, le sue forme di vita, le sue strutture di
relazione - i santi e le vergini portati per gli immigranti italiani, o furono
cadendo
nella dimenticanza, o videro ampliato il numero e tipo dei suoi seguaci chi
oramai no
sarebbero unicamente quelli del paese del quale provenivano. In altre parole,
nelle città
dell'Argento, consolidando si unisca vasta popolazione immigrante di posti molto
diversi - per
certo che non solo italiana - e del proprio interno di questi paesi, i santi
e le vergini
italiani dovettero adattarsi anche al nuovo mezzo sociocultural1. Perciò,
di
uguale maniera che gli immigranti primigenio-quelli che non ebbero più
rimedio
che sopportare gli atteggiamenti xenofobi dei locali, tradotte in trattamenti
autoritari
o spaccone ed in designazioni ridiculizantes (tanos) yacumines, bachichas,
gorutas e tante etcéteras simili, per ottenere, finalmente, integrarsi
per diritto proprio
al mondo che inevitabilmente costruivano a creare nonostante i rifiuti - anche
i santi stranieri finirono per acriollarse.
Come è facilmente comprensibile, questo processo ha segnato la storia
e cultura
dei paesi dell'argento nell'ultimo secolo e mezzo. Il presente lavoro pretende
di mostrare
come ebbero luogo nell'Uruguay due casi simili a quelli caratterizzati di maniera
di troppo sommaria: quello di San Cono, portato nel secolo scorso di Teggiano,
nell'attuale
provincia di Salerno; e quello di San Rocco, arrivato di Satriano, nella Basilicata,
a dimezzati
del presente secolo.
La regione della quale procedono questi due santi popolari radicati nell'Uruguay
e che si ubica nei territori dell'antico Lucania, proporzionò nell'epoca
del
gran immigrazione, cresciute eventualità ai paesi dell'Argento. È
conosciuto di troppo
che per allora quello, l'indicata parte dell'Italia meridionale si trovava in
una
afligente situazione di posticipazione. La sopravvivenza di strutture di organizzazione
e
dominazioni economiche, ancora caratterizzate per chiari componenti feudali,
funzionò
come decisivo stimolo per l'abbandono dei posti natali, specialmente
il campo. Il benessere, per volte minimo che lì risultava di ottenimento
difficoltoso
bensì impossibile, si capì realizzabile ad inclinazione dela rischia
americana. In tutto quello
ambito geografico, inoltre, era notoria la persistenza di superstizioni e pregiudizi,
espressivi delle forme arcaiche di organizzazione sociale e familiare lì
prevalentes2.
Raggiunge con esaminare una buon mappa dell'Italia per comprovare che in nessuna
un'altra regione sono tante piccole città, paesi, villaggi, paraggi,
i cui nomi
1 Carlos Zubillaga: "Religiosità, devozione popolare ed immigrazione
italiana in Uruguay." In: Fernando J. Devoto et
al.: L'emigrazione italiano e la formazione dell'Uruguay moderno, Fondazione
Giovanni Agnielli, turín, 1993.
2 Paolo Apolito: Ritualità archaiche e modeli ecclesiastici nelle tradizioni
popolari di quello Recinto diedi Diano; Pietro Laveglia
Editore, Salerno, 1980.
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costituiscono cognomi abbastanza comuni nel Fiume dell'Argento, come nelle zone
di
Salerno e la Basilicata, come nella più prossima della Calabria. Nella
parte del che
procedono i santi ai quali ci veniamo riferendo, si trovano posti che si chiamano:
Aiello, Brianza, Buccino, Caccia, Caserta, Castagneto, Cerchiara, Cervinara,
Chirico, Cirigliano, Contursi, Corleto, Cesenza, Gravina, Laurino, Marsano,
Marsico,
Matera, Melfi, Miglionico, Montaldo, Monteforte, Montemurro, Montesano,
Monteverde, Padula, Picerno, Pisciotta, Sassano, Scalone,Sersale, Tramutula,
Tricarico,
Trivigno, eccetera, etc. ed in molti casi suoi corrispondenti patronimico. È
evidente,
d'altra parte che vari di questi nomi di famiglia hanno ricevuto nell'Uruguay
ed in
l'Argentina, deformazioni di origine cacofonica e cacográfico. Questo
che come già
dicemmo non passa nel caso di altre regioni dell'Italia - o per lo meno non
passa col
abbondanza indicata - è un esempio più dell'importanza che quegli
arrivati di quelli
terre ebbero nella formazione della società e la cultura di Rio de la
Plata.
Neanche molti dei devoti uruguaiani di San Cono, sanno che questo procede
di Teggiano e che è il patrono di quella città. Per l'enorme maggioranza,
è il santo
di Florida3.
La Florida è una città di circa 30.000 abitanti, capitale di un
Dipartimento di
circa 10.000 chilometri quadrati, affezionato fondamentalmente alla sfruttamento
pecuaria4.
È anche sede di episcopato, e per situarsi appena a circa 100 km. al
nord di
Montevideo, sperimenta in molti sensi forte influenza della capitale della repubblica.
In Florida si dichiarò in 1825 l'indipendenza dell'Uruguay. Lì
si trova il
cappella di San Cono e lì si realizza tutti i 3 di giugno, la maggiore
festa religiosa di un
paese che si distingue per non essere maggiormente religioso.
Nel giorno indicato, ha luogo la commemorazione della morte del santo, e questo
ci colloca davanti ad un sentimento di sorpresa per la contraddizione che rinchiude:
l'evocazione
del suo decesso serve da motivo per un enorme festeggiamento che duri vari giorni,
con tutta
la pompa magna di divertimenti diversi, fuochi d'artificio, retretas, corse
di cavalli
e gran fiera girandolona dove si vende di tutto, ed ovviamente, gli attesi artigianati
ingenuo "kistch" che prendono per motivo al proprio San Cono.
Altri articoli sono anche oggetto di vendita, e questi diventano praticamente
i
unici che sono comprati di fronte alla Cappella: numeri di lotteria, scontrini
di "totocalcio", di
"pesca di beneficenza" di 5 di Oro, egli quale risulta perfettamente
logico dato che San Cono è quello
santo della fortuna, quello che aiuta a chi si fidano di lui a che riescano
ad indovinare le sue scommesse.
Questa peculiare fama del santo non è, da molto tempo già, solamente
locale
e neanche nazionale. Chi questo scrive, ha acquisito nei chioschi che vendono
riveda nella Stazione Ritiro di Buenos Aires, letteratura hagiográfica
di spago su
San Cono, nella quale si danno ricette per guadagnare nei giochi d'azzardo;
uno dei libri
ottenuti è opera di un scrittore boliviano5. In un'altra opportunità,
fa più di 10
anni, trovò nella piccola città di Guaranda, al piede del gigantesco
Chimborazo,
nella Repubblica dell'Ecuador, altro piccolo libro sui miracoli di San Cono
che
lì è ignorato completamente.
Il segreto dell'enorme successo popolare coniano, ha a che vedere col cambiamento
che
in quelle terre si operò rispetto al suo significato originale, col quale
è rimasto
fermamente vincolato ad una gran passione di Rio de la Plata che ha anche origine
nel
Italia del sud e più concretamente a Napoli: il totocalcio. Gli uruguaiani,
- e gli ar -
3 Miguel Ángel Saline: Istoria e miracoli di San Cono, Il Santo Miracoloso
della Florida, ed. Fenice, Florida, 1949.
Idem Waldemar Jiménez Casco: San Cono-Fenomeno religioso di un paese,
Stampa Rosgal, Montevideo, 1994.
4 gloria Pretendente: "Florida-Buon bestiame e poca gente", Settimanale
Breccia, Montevideo, 24 febbraio di 1989.
5 anonimo: "San Cono ed il Sibilla per tirare fuori la fortuna"; tipico
opuscolo di spago, fatto a Buenos Aires senza indicazione
di casa editrice né data di pubblicazione.
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gentinos - dobbiamo anche ai "tanos" il giusto completo popolarmente
relazionato
con le rischiose combinazioni numeriche: l'idea che i sonni anticipano
cripticamente le cifre che usciranno nei sorteggi immediati; e così nostre
"smorfias" che così senza traduzione, si continuano a chiamare
e possono sollecitarsi in qualunque
commercio affezionato alle scommesse, riproducono le napoletane. San Cono è
di
maniera particolare, il protettore dei quinieleros e per quel motivo la letteratura
popolare che a lui
si riferisce, mescola il racconto dei suoi miracoli con ricette per tradurre
le immagini
oniriche a numeri ai che quasi obbligatoriamente bisognerà scommettere.
Ma andiamo con meno fretta. Cono sarebbe nato in Teggiano nel secolo XI e,
come conta la leggenda, la sua venuta al mondo fu già toccata per l'alito
di lui
meraviglioso. I suoi genitori non avevano avuto figli e stavano già fuori
dell'età che essi
permettesse di procreare; una notte, ambedue sognarono un sonno identico, nel
quale un fascio di
luce proveniente dal cielo, arrivava al ventre dell'anziana. Al giorno dopo,
cercarono
che il curato locale decifrasse il significato di tutto quello, e questo indicò
che tale sonno no
lasciava posto a dubbi: Ignia - che così si chiamava la donna, ed attenzione
all'idea di fuoco
che il nome evoca come un riferimento più alla luce misteriosa, come
l'ha segnalato
Apolito6 - illuminerebbe un bambino che sarebbe vistato per la santità
ed al quale dovevano
mettere il nome di Cono, per la forma del raggio divino arrivato nel sonno,
come una
versione. Un'altra, più pedestre benché più patriottica,
sostiene che quello nome stravagante
gli fu messo in omaggio al posto natale, dato che la città di Teggiano
Lei
erige su un picco isolato in mezzo alla valle di Diano che presenta la forma
di un
cono mozzo.
Durante l'infanzia da questo bambino nato per essere sacro senza alternative,
la sua biografia
non raccoglie a memoria nessun fatto degno, eccetto qualcosa che si vincola
anche a
i miti del fuoco, e suggerisce anche la stranezza provocata per la cosa contraddittoria:
in
determinato momento, il piccolo fugge dalla casa paterna perché desidera
entrare a quello
convento di Santa María di Cadossa nella vicina località di Montesano;
e lì lo va
a cercare suo padre per restituirlo alla casa, per quanto entrambi i progenitori
si inorgoglissero
dell'extremosa pietà del bimbo. E Cono, in Cadossa, affinché il
padre no
lo scoprisse e l'obbligasse a seguirlo, si nasconde dentro il forno di pane
che stava
accensione, ma non soffre né il più lieve bruciacchi.
Così come la nascita di Cono fu marcata per la cosa estraneo,
il suo decesso conforma un altro miracolo. Si reitera in questa leggenda un
tema comune a tutto il
religiosità popolare: l'annuncio della sua propria morte per un momento
preciso, quella che
prodursisi inevitabilmente senza ragione che la giustifichi. In generale in
queste strutture leggendarie normalmente si aggrega il dettaglio dell'incorruttibilità
del corpo,
ed anche che lo stesso esala aromi delicati, niente somiglianze all'esperable
cadaverina; si sa già che la santità è sempre profumata.
Tali morti annunciate
ed ammirabili il cui vera ragione si assegna allo zelo divino che non desidera
che suo
servo privilegiato continui tra la corruzione degli uomini comuni - molto meglio
è che li soccorra dalla cosa alta, ovviamente - si prodursi sempre ad
età precoci:
così, il transito di Cono per questa valle di lacrime, raggiunge 18 anni.
Tempo dopo -1261 - il corpo del santo deve essere oggetto di disputa tra
Teggiano, il suo posto natale e Cadossa, dove si ubica l'abbazia nella quale
professò e dove
morì. Per risolvere la controversia, si ricorse ad un pellegrino corteo,
che conforma
un altro dei miracoli eminenti del personaggio: posizionato il suo feretro in
una carretta
tirata per due buoi altrui ad entrambi i posti, e posto in un punto equidistante
dei
posti che pretendevano di avere quelli resti venerati, si lasciò che
gli animali decidessero
6 Paolo Apolito, op. Cit, 1980
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verso dove ir7. Ed andarono verso Teggiano. Da allora, Cono santificato per
quello
paese - poiché sarebbe canonizzato ufficialmente molto tardivamente per
la Chiesa, in l871
passò ad essere il protettore della città alla quale dovrebbe
difendere degli attacchi saraceni
e cristiani in quegli agitati secoli, ed anche di terremoti. L'iconografia
diffusa lo mostra volando per intercettare le pallottole dei cannoni delle truppe
assedianti di Teggiano ed anche bollando crepe della cupola di una chiesa che
aveva
stato rotta per un tremore di tierra8.
Esistè realmente San Cono o fu uno dei santi creati per l'immaginazione
popolare nel Medioevo?. Se così fuori, la Chiesa, sicuramente per il
fervore che ha
svegliato in epoche e posti tanto distanti dei che si pretende che visse, non
ci lo è
abbattuto degli altari ha fatto come con alcuni altri, come San Cristobal o
San
Jorge, per esempio. Chi si inclinino per la realtà storica del personaggio,
potranno
allegare che in Teggiano si guardano le sue ossa; argomento, con tutto, non
troppo
convincente in considerazione delle innumerabili reliquie attribuite con apparente
sicurezza a
diverse persone - e non solamente religiose che dopo, ed alla luce degli spietati
esami tecnici di ora, è risultato non essere neanche dell'epoca che Lei
suponía9.
Chi dubitino dello storicità di Cono, forse mirino che la sua vita, e
suoi
miracoli, in rigore, riflettesse la situazione propria di quella regione dell'Italia
il cui lontananza il
allontanava dai cambiamenti socioculturali che si incominciavano a produrre
in altri posti in
quelli momenti, e che annunciavano il periodo rinascimentale. Comunque, egli
che più importa, non è la precisione confermata di circostanze
che possono interessare
ai cronisti, bensì il fatto che ingenti quantità di fedeli in
tutto il mondo,
siano assolutamente convinti che le suppliche dirette a San Cono, saranno sempre
soddisfatti. Quello che gli è richiesto, d'altra parte - come in ogni
espressione del
religiosità popolare di qualunque tempo e posto - non ha a che vedere
con le cose trascendenti
come la salvazione, il perdono delle colpe ed i peccati, la chiarezza di quello
giudizio per prendere decisioni importanti della vita. Gli sono chiesti in realtà,
cose
molto più tangibili che benché possano sembrare molto meno serie,
sono forse
più preoccupanti perché hanno a che vedere prima con la salute
del corpo che quella dell'anima,
con l'amore, col denaro. Nella ripartizione di specialità soprannaturali,
a Cono ci lo è
acconciatura - qui ed ora per certo - occuparsi di questo ultimo.
In 1870, si stabilisce in Florida, Uruguay, un gruppo di immigrante teggianeses.
Erano principalmente contadini ed in un principio si dedicarono a produrre nella
periferia
della piccola città, ortaggi per consumo locale. L'Uruguay di allora
viveva un
notorio processo di modernizzazione e godeva di considerabile prosperità.
Le città
ed i paesi dell'interno del paese, meglio comunicate con la capitale e porto
per quello
ferrovia, il telegrafo e la rete di strade che si andava ampliando e migliorando,
non solo
ricevevano insiemi importanti di immigranti europei, ma trasformavano i
7 suggestivamente questo racconto ripete elementi presenti nel riferiti al "Volto
Sacro", Santa Faccia, di Lucca, quello che
fa pensare che si tratta della stessa struttura mitica narrativa, invalsa nell'Italia
medievale. Al rispetto, il
leggenda conta che l'autentico ritratto di Cristo fu intagliato per Nicodemo
dopo la crocifissione grazie a che
le sue mani furono dirette da angeli; quella taglia sarebbe stata contraria
molto posteriormente per il vescovo Gualfredo,
chi la collocò in una barca senza equipaggio-anche condotto per angeli
- che finalmente approdò a Luni, piccolo
porto del Tirreno vicino a La Spezia. Gli abitanti di Lucca vollero impadronirsi
dell'immagine, ma come
volevano anche averla quelli di Luni, risolsero la controversia collocandola
in una carretta facile per due buoi-uno
di ogni località - quelli che si diressero a Lucca senza titubanze. Il
"Volto Sacro" sta ancora lì, nella chiesa di San
Martin; il suo stile mostra che fu eseguito nel secolo XI e non nell'I si pretende
come.
8 tra vario materiale hagiográficos, vedere "La voce diedi S. Cono",
Bolletino diedi S. María, S. Franceso e diedi S. Giuseppe
Operaio, Nuova Serie, anno III, numero speciale. Tipografia Cantelmi, Salerno,
1980. Di uguale maniera, Mons.
Amabile Federico: San Cono Cittadino e Protettore diedi Teggiano e Diocesi,
Edizioni Cantelmi, Salerno, 1971.
9 a proposito ricordare le polemiche sfrenate tra scientifiche a proposito della
sua tomba vaticano, o le discussioni
riferite all'autenticità delle ossa di Colombo e Pizarro.
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stili di vita che fino ad allora li avevano caratterizzati. Tra altre cose,
i gringo
furono abituando i locali a variare fino ad ora inevitabilmente una dieta
carnivora, completandola con prodotti delle sue coltivazioni: i pomodori, le
cipolle,
le lattughe e scarole, i cavoli cappucci e cavolfiori, le barbabietole, rape
e carote e
tante altri viveri che la terra poteva proporzionare se gliela coltivava, come
per certo
sapevano fare i "gringos”10 (10). Il successo economico e sociale
dei teggianeses stabiliti
in Florida, ebbe molto da vedere con quelli cambiamenti socioculturali, per
più
che anche molti di essi fecero fortuna nel commercio.
Il primo gruppo di immigranti fu necessariamente ridotto e fu composto
per Aloy, Bruno, Casella, Dalto, Morella e Pezzani. Questi armarono la catena
migratoria
che in un secondo momento, portò di Teggiano alla Florida ai Carnevale,
Carlo,
Collaborda, Corrado, Cosentino, Delucca, Giorno, Furiatti, Larroca, Mastrángelo,
Nicola,
Petrini, Rossini, Sansiviero, Uricci; non mancando compreso quelli che brillavano
cognomi
spagnoli, ricordo del tempo in cui questi dominarono ampie regioni dell'Italia
del sud, come Bruno o Vázquez.
Sicuramente i primi anni li dedicarono al lavoro duro e senza pausa, forma
di guadagnarsi un posto di un certo privilegio nel nuovo mezzo. Ma nella misura
in cui il
colonia prosperò, dovette anche appoggiare la sua unione e la sua identità.
Per quello si raccomandò
in l882, a Blas Aloy e Francisco Dalto, interessa annotare, come indizio forse
di
un certo grado di integrazione al paese di ricevuta che i nomi di pila dei
teggianeses adotta sempre la forma castigliana; non si menziona mai nei documenti
dell'epoca a Biaggio Aloy o Francesco Dalto per esempio, affinché viaggiassero
a
Italia al fine di portare là di un'immagine di San Cono11. Così
si fece ed in principio, Lei il
ubicò nella propria casa di Blas Aloy, senza dubbio uno dei più
ricchi ed influenti
membri della collettività. Ma nello stesso anno indicato, si ottenne
dell'Intendenza
Municipale della Florida la concessione di una proprietà nella quale
si costruirebbe la cappella
per il santo. All'anno seguente, si organizzò la Commissione Amministrativa
della Cappella,
istituzione il cui continuità segue fino al presente. La stessa è
stata integrata
sempre per uomini e tutti quelli che l'hanno composta - con scarso excepcionesdescienden
dei primitivi immigranti, perché portano i cognomi che si inviano prima,
con le alternanze che sta sperare. Pronto si alzò una cappella che, passato
il tempo, sarebbe demolito per dare luogo all'attuale, più ampia.
In l885, "gli italiani" della Florida decisero di tirare fuori per
la prima volta in processione
al "suo santo", riproduciamo espressioni dell'epoca. Si racconta che
la pietà dei
teggianeses provocò gli scherzi degli abitanti del posto, non abituati
ai
espressioni pubbliche di devozione. Quelle beffe sembrerebbe che risultarono
intollerabili per
il santo chi quella notte stessa, operò il suo primo miracolo uruguaiano,
ancora vincolato
alla specialità che l'aveva accumulato il riconoscimento unanime in Teggiano,
benché
all'inversa: i terremoti. Perché bene, in questo suolo nel che per la
sua struttura
geologica ci sono stati mai tremori, si prodursi uno che unicamente danneggiò
la casa di
quella famiglia che aveva riso al passo del santo. Naturalmente quelli creoli
compresero
che erano stati destinatari di un avviso divino, per quello che passarono ad
essere i
più ferventi seguaci del "santo" degli italiani, nonostante
la disgrazia che questo
li aveva procurati.
Stiamo, come indichiamo prima, in l885, e sembrerebbe che col racconto leggendario
che riassumiamo, si vuole alludere al momento in che San Cono comincia ad essere
accettato
10 Daniel Vidart e Renzo Pi Hugarte: Il lascito degli immigranti (II), la Nostra
Casa editrice Terra, Montevideo, 1969.
11 Hugo Riva: "San Cono: tratti biografici", in Florida, Collezione
I Dipartimenti, la Nostra Casa editrice Terra,
Montevideo, 1970.
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come santo uruguaiano. Vale la pena, a questo rispetto, avere presente che,
benché da
lontani secoli fu il santo di Teggiano, il sua statua che si alza nel piazza
Municipio
di quella città, fu citata in l859, e che glielo dichiarò Protettivo
della stessa
appena in l962. Quasi potrebbe reggersi pertanto che il San Cono della Florida,
in certo
modo ha ricevuto nei suoi secondi patri riconoscimenti in alcuni aspetti anteriori
ai che ha avuto nella sua casa natale, poiché ferma l962, faceva molto
che San Cono era
oggetto di riconoscimento in tutto l'il Uruguay ed anche in paesi vicini, come
quello
segnaliamo.
Non è chiaro, tuttavia, quando fu che San Cono risultò relazionato
coi
riuscite nella lotteria ed il totocalcio. Ciò succedè sicuramente
in questo secolo, ma Lei
affermò in maniera definitiva verso gli anni 30 e 40. Il mito incipiente
si sembra aversi
consolidato per il fatto che il 5 giugno di l945, due giorni dopo la celebrazione
di San Cono, il premio maggiore della lotteria nazionale cadde in Florida ed
il numero
vincitore finiva in 03. Numero per eccellenza del santo. Questo sorprendente
evento -
coincidenza per alcuni, manifestazione palpabile della cosa sacra per gli altri
- si ripetè
varie volte, a punto tale che l'Amministrazione di lotterie e totocalci, decise,
da l950, non accettare leggiadre al 03 nei sorteggi prossimi al 3 di giugno.
Ma questo
non è riuscito a scoraggiare agli scommettitore sanconianos dato che
ci sono molti altri
numeri possessori anche di virtù magica per essere in qualche modo relazionati
con le cose del santo. Così, il 11, per essere quell'il secolo in cui
visse; il l8 per essere il
età che aveva morendo; il 25 perché sarebbe nato quello giorno
di settembre; il 26, per essere
il numero che corrisponde alla Cappella nell'ordinamento delle case della strada
in
che si alza; il 71 per l'anno di canonizzazione nel secolo scorso; il 85 perché
in
l885 cominciò in Florida il suo culto pubblico, e così fino ad
arrivarsi ad un insieme di numeri
che lascia fuori pochi dei che alcuno vincolo può avere col santo e suoi
temi. A proposito - e piuttosto per poetizzare con un tocco fantastico la prosaicità
di
l'investigazione socioculturale - racconterò semplicemente che il sorteggio
che si effettuò il 3
di giugno di l993, il primo premio corrispose al l08, e quello giorno si realizzavano
giustamente
l08 anni dell'arrivo di San Cono alla Florida! In tale occasione chi questo
scrive
aveva concorso coi suoi alunni di Antropologia ad osservare e registrare il
fatto
folcloristico della gran processione e la gran feria12; molte persone, compresi
alcuni
colleghi ci rimproverarono sorpresi che non ci sarebbe stati successi scommettere
a quello
numero.
Questo non deve allarmare troppo al lettore altrui ad utilizzare la superstizione
come
metodo di consolazione: abbiamo intervistato moltissimi seguaci di San Cono
che hanno dichiarato non essere cattolici e neanche, alcuni, vagamente religiosi
o cristiani,
e compreso, anche ad altri che si sono riconosciuti come atei; ma con identica
sicurezza, hai sostenuto essere "sanconistas." Potranno dunque questi
curioso devoti no
credere in Dio, né nella destinazione, né nel Cielo o l'Inferno,
ma sì in che San Cono
favorisce nei giochi d'azzardo ai quali si fidano di lui. Questa fede neanche
posto vacante affettato
nella cosa più minima se si dimostra che, di accordo col calcolo di probabilità,
i
numeri sanconianos - e particolarmente il 03 - sono risultati molto meno favoriti
di quello che corrisponderebbe. I miti, come si sa, non richiedono di conferme
obiettive.
Tra quelli che anno ad anno si imporsi l'obbligo di concorrere alla processione
del santo in Florida, sono scarsi quelli che conoscono in maniera sommaria,
quello che fu
San Cono o quello che significò nel suo posto natale, e quello, ad ogni
modo, sembra qualcosa che
12 esiste una descrizione di tutto quello fatta quasi 30 anni dietro per Paulo
di Carvalho Netto: "Folclore floridense:
contribuzione (Culto a San Cono)", edita a Lima in 1957.
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si ubica in una volta ed in un posto troppo remoti per quello che importa molto
poco.
In questo paese, il santo non può curare ai suoi di invasioni o terremoti;
tutto quello,
compreso lo strano ed inconfirmado tremore floridense che punì ai burlone
della sua prima processione, si situa in una volta mitico primordiale benché
non repetible13.
Qui in Florida, San Cono soccorre i suoi seguaci nei suoi problemi di lavoro
e salute
ed anche - arrischiandosi ad invadere i terreni di San Antonio di Padova - può
fino a
ottenere fidanzato ad alcuno paurosa di rimanere si "ferma vestire santi",
precisamente.
Ma oltre tali favori, come altri il cui importanza non vuole demeritare,
il suo tema continuerà ad essere il totocalcio.
Nella logica della religiosità popolare, il miracolo impetrato suppone
l'offerta
di una paga per il suo compimento; si stabilisce allora una relazione contrattuale
sinallagmatica tra il piano terreno ed il soprannaturale, in modo che affinché
Lei
compia quello che si reclama, bisogna dare a cambiamento qualcosa il cui valore
in qualche modo, Lei
stimi come equivalente; se finalmente il prodigio si concreta, con molta più
ragione deve
essere pagato quello favore di natura divina. È per questo che l'immagine
del santo sta
letteralmente coperta di gioielli ed altri oggetti preziosi dati per i promesantes;
i
biglietti aderiti alla veste della statua, conformano quasi un altro paramento.
, I pettegolezzi
proprie del paese molte volte si sono nutrite dei commenti malevolentes
riferiti a che le donne dei membri della Commissione Amministratore del
Cappella, fanno i suoi acquisti con biglietti che hanno le perforazioni prodotte
per
gli spilli con che li fissarono al manto dell'immagine che li donarono.
Il fatto che la Chiesa non avesse arte né parte nella conduzione del
culto ad un
santo che Lei tornaba progressivamente più massiccio - a parte autorizzare
un sacerdote
ordinato che officiasse messe nella Cappella -, che rimanesse fuori della sua
mano l'amministrazione
dei beni che si andavano accumulando come pagamento di promesse, provocò
in primo luogo
la sua sfiducia e dopo il suo rancore, tutto egli quale venne a sboccare in
una lotta aperta
tra la Chiesa e la Commissione Amministratore della Cappella. Qualcosa come
una piccola
guerra di causa religiosa in un paese che si è vantato della sua tolleranza.
Verso l926 Lei
scoprono le prime proibizioni tra entrambi i parte, ma le ostilità si
ruppero
apertamente e con durezza, in 194614. In quell'anno, l'allora vescovo Mons.
Miguel
Paternain, trattò che i cattolici rispettosi delle gerarchie della Chiesa,
si allontanassero
della venerazione al San Cono popolare e tradizionale. Per ciò collocò
un'altra immagine in
la cattedrale della città; nonostante, tale santo - al quale il paese
denominò "l'impostore" -
non risultò mai miracoloso: il compimento effettivo di quello sollecitato
continuava a dipendere
del vero, del solito, di quello portato per gli italiani. Procurò anche
la Chiesa
ricambiare il significato del santo, attribuendogli patronazgo su "la juventud”15,
sicuramente
ispirandosi per ciò alla precoce età in cui morì, egli
quale provoca
alcuni sorprese, per certo. Ma era già troppo tardi affinché tale
idea prendesse in
le masse, per le quali la forza magica del santo risiedeva nella sua capacità
per decidere
i premi del totocalcio, cosa che niente ha a che vedere con le età.
Il realmente grave ciononostante, fu che quello vescovo arrivò a pronunciare
l'anatema
per quelli che osassero andare alla processione tradizionale e non alla che
egli organizzava anche
il 3 giugno, con la nuova immagine. In realtà, non ottenne molto successo
con tale
misura: evidentemente le genti, temevano meno rimanere fuori della Chiesa che
enaje -