Le radici lucane
di un Nobel

La storia di William Donato Phillips, premio
Nobel per la fisica nel 1997, comincia
da Ripacandida. Nei primi anni del Novecento,
suo nonno materno lascia il paese
lucano per emigrare in America. Proprio
come tanti altri che, arrivando lì senza conoscere
una parola d’inglese, sono chiamati wop, termine dispregiativo
per indicare l’essere italiano.
Phillips, nato nel 1948 a Wilkes-Barre, d’italiano non ha
che il suo secondo nome di battesimo. È a tutti gli effetti un
americano residente a Gaithersburg che eccelle nelle ricerche
di fisica. Sua è la scoperta di nuove tecniche di raffreddamento
e intrappolamento dell’atomo tramite laser.
Tecniche rese possibili solo a partire dalla seconda metà
degli anni Settanta, grazie all’avvento dei raggi laser per laboratori,
che ha permesso agli scienziati di osservare e misurare
il fenomeno dei “quanti” negli atomi. “Quanti” che sembrano
sfidare i principi fisici che governano il tangibile regno della
temperatura ambiente. I programmi di ricerca sul raffreddamento
e intrappolamento dell’atomo tramite laser, portati
a termine dall’Ufficio nazionale dei pesi e delle misure (Nist)
di cui Phillips è membro dal 1996, ma attivo ricercatore fin
dal 1978, si basano sugli esperimenti compiuti proprio dall’Einstein
lucano.
Dopo aver conseguito la laurea in fisica, Phillips svolge il
dottorato di ricerca al Mit e lavora contemporaneamente al
Nist, nella divisione Elettricità. Presenta due tesi sperimentali:
una sull’area di giusta stabilità della risonanza magnetica e l’altra
sulle nuove applicazioni dei laser da laboratorio. “In quel periodo
- racconta Phillips - utilizzai momenti di tempo libero per
occuparmi del raffreddamento tramite laser con gli strumenti da
laboratorio portati dal Mit”. Incoraggiato poi dai responsabili del
Nbs, Phillips continua gli esperimenti e dimostra che un insieme
di atomi neutri può essere rallentato e raffreddato con la
pressione di radiazione proveniente da un laser.
La sua scoperta viene riconosciuta a livello internazionale
e Phillips, con il suo gruppo di lavoro, prosegue la ricerca fino
a metà degli anni Ottanta, quando si accorge di un’importante
discrepanza: quella tra il “limite di raffreddamento Doppler”,
comunemente accettato, e la sua misurazione effettiva.
È infatti possibile raffreddare gli atomi ben al di sotto dei limiti
conosciuti. Di pochi microkelvins, o solo un milionesimo
di grado sopra lo zero assoluto, dimostra Phillips. Da questo
punto, altri scienziati si basano per svolgere alcune ricerche
che li condurranno alla “condensazione Bose-Einstein”, forma
nuova di materia in cui gli atomi cadono nel loro livello
più basso d’energia e rimangono in uno stadio singolo di
“quanti”. Nell’estate del 1995, l’università del Colorado annuncia
la creazione del primo condensato Bose-Einstein, una
delle più importanti scoperte scienti? che recenti. Nel 1997,
Phillips riceve il premio Nobel per la ? sica, e l’anno seguente
la cittadinanza onoraria di Ripacandida.
Oggi, lo scienziato di origine lucana è membro della Società
americana di ? sica nonché di quella ottica. Così pure
dell’Accademia nazionale delle scienze (Nas) e delle arti.
Phillips è responsabile al Nist del gruppo che studia la ? sica
del raffreddamento via laser come dell’intrappolamento
elettromagnetico e delle altre manipolazioni radianti gli atomi
neutrali e le particelle dielettriche.
Altri progetti che impegnano Phillips riguardano le tecniche
avanzate del raffreddamento laser degli atomi di cesio
per l’uso degli orologi atomici. Sulla scia del primo condensato
Bose-Einstein, Phillips investiga poi sulle proprietà e sull’applicazione
di una quantità di gas diluiti di atomi alcali. Lo studio
sulle collisioni fredde riguarda invece lo stato frantumato
e le collisioni fotoassociative degli atomi ultrafreddi. Il progetto
“Metastable Xe” analizza piuttosto gli ultrafreddi atomi
Rydberg e i plasma attraverso l’utilizzo dello xeno raffreddato
e intrappolato con il laser. I reticoli ottici investigano invece
le proprietà e le applicazioni degli atomi ultrafreddi con? -
nati in potenziali fatti di luce. In? ne, le pinzette ottiche manipolano
otticamente oggetti microscopici per risolvere problemi
di biochimica e biotecnologia.
Appena ne ha la possibilità, Phillips torna a Ripacandida per
incontrare i parenti. “Apprezza particolarmente i giovani “perché
sono portatori di quella immaginazione che spesso, a chi è
avanti negli anni, viene a mancare”.
Phillips, oltre al premio Nobel, ha ricevuto la medaglia
d’oro dal dipartimento del Commercio statunitense nel 1993.
Tre anni dopo, la medaglia Michelson dall’istituto Franklin e,
nel 1998, il premio Schawlow dalla Società americana di ? sica.
Ha scritto le opere: “Cooling and trapping atoms”, “New
mechanisms for laser cooling”, “Almost absolute zero; the story of
laser cooling and trapping of atoms”.
Celebre il suo intervento all’università di Pisa, l’anno scorso,
quando nel parlare del tempo disse:
“Anche Einstein ebbe dif? coltà a rispondere alla domanda
“che ora è”. Malgrado ciò, noi possiamo misurare il tempo più
accuratamente d’ogni altra quantità. Gli orologi atomici sono i
più accurati cronometri mai fatti. E sono essenziali sia per il futuro
della vita moderna sia per la sincronizzazione della comunicazione
e delle operazioni ad alta velocità del sistema globale
di posizionamento che guida gli aerei, automobili e navi. I limiti
degli orologi atomici provengono dal movimento termale degli
atomi: quelli caldi si muovono rapidamente e soffrono dei cambiamenti
del tempo, come già predicato dalla teoria della relatività
di Einstein.
Noi possiamo raffreddare le cose ri? ettendo la luce laser su
di esse. In questo modo, possiamo raffreddare i gas meno di un
milionesimo di un grado al di sopra dello zero assoluto. Il lento
movimento degli atomi in un tale gas ci permette di fare orologi
ancora più accurati, talmente buoni che potrebbero guadagnare
o perdere solo un secondo in trenta milioni di anni”.